Nel novero dei fascismi europei, che tanto si sono differenziati tra loro per
dinamiche, struttura e strategie, una caratteristica comune di fondo
rinvenibile è senz’altro l’aurea che ha circondato il leader di riferimento.
Questa caratteristica, più che in tutti gli altri esempi che l’Europa ci ha
fornito, è ravvisabile nella “Legione dell’Arcangelo Michele”, da cui poi
prenderà forma e vita la “Guardia di ferro” del mistico Corneliu Zelea
Codreanu.
L’ispirazione fortemente religiosa di questo movimento, che pure ne ha
caratterizzato fortemente l’economia rivoluzionaria, non è la sola componente
degna di rilevo, sebbene questa abbia contribuito a creare (ma sarebbe più
opportuno dire riscoprire) quella fides propria di ogni movimento antimoderno
che si è affacciato in Europa nello scorso secolo.
Ma nel leggendario Capitano ritroviamo anche l’eredità migliore delle radici
del nostro mondo classico; la devotio romana ad esempio, al di là della
differente matrice pagana rientrante in quest’ultima, ma anche lo stoicismo di
fronte alle avversità. Seneca diceva che “infelice è colui che mai ha
incontrato la sciagura ed il dolore, perché costui non ha occasione di
sperimentare e di conoscere la propria forza”. Ebbene, il Capitano Codreanu
conosceva davvero la sua forza, perché in lui ammiriamo la sopportazione
costante del sacrificio che non diventa mai tacita rassegnazione, nemmeno nell’
angusta detenzione che si concluderà prima, tramite un processo farsa, ad una
condanna a dieci anni di lavori forzati (1938) e dopo qualche mese da tale
sentenza alla morte per strangolamento insieme ai suoi più fedeli camerati.
Eseguita la sepoltura, quindici giorni dopo la fossa comune verrà aperta e
sulle salme verrà gettato del vetriolo, a testimonianza di quale estremo grado
riesca a raggiungere l’umana vigliaccheria.
Nel corso del suo personale calvario, mai troviamo nel Capitano parole d’odio
nei confronti dei suoi aguzzini, sicuramente grazie al rapporto costante con la
preghiera che ha in lui l’effetto rinnovatore che solo la fede pura riesce a
garantire.
La riprova della sua grandezza sta nella sua attualità in ogni nuova piccola
alba del nostro mondo ideale. Infatti, l’appellativo “legionario” ed il termine
“cuib” (nido) sono stati e sono tuttora correnti in molti organismi che si
richiamano ai principi del mondo tradizionale.
Ci piace concludere, richiamando un passo del suo “Diario dal carcere” del
quale consigliamo assolutamente la lettura, un estratto che non è politico ma
umano, nel senso che caratterizza, meglio di ogni altro, la purezza d’animo del
mistico Capitano.
“Ora è sera mi sembra un secolo da questa mattina. Non ho con chi scambiare
una parola. Un passerotto ha fatto il nido nel vano della finestra. Viene anch’
esso a dormire. Gli do sempre delle briciole. Aspetto che mi portino il pasto.
Ma neppure con loro posso parlare. Vengono sempre il tenente di servizio e il
sottufficiale. Non possono parlare con me, ma si comportano con una delicatezza
che per me è una consolazione. Povero soldato! Una creatura superiore che fa il
suo dovere correttamente, eseguendo rigidamente gli ordini ricevuti, ma nei cui
occhi non c’è passione, né cattiveria. Eleganza spirituale. Scuola dell’
esercito romeno. Com’è bello!”.
Ciao Capitano.
Francesco Russo
domenica 13 giugno 2010
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